
Vorrei raccontarvi una cosa bella e un po’ triste. Per tre giorni, insieme ai compagni radicali, ho raccolto le firme per i 12 referendum fuori dal carcere romano di Regina Coeli, nella via laterale dove le persone attendono di parlare con i loro congiunti detenuti. Se ne raccolgono tante, di firme, tra rabbia e speranza: perché sono temi, i nostri, che riguardano soprattutto la giustizia. Tra genitori, mogli e fidanzate, fratelli e sorelle, figli, c’è un’atmosfera particolare in quello stretto vicolo cieco, dove il sole arriva soltanto nel primo pomeriggio: in quella via lastricata di sampietrini sghembi, dove si riunisce un amore che raramente si coglie nella vita quotidiana. E’ un amore che dice di un “cordone ombelicale” legato alla piccola porta che conduce ai colloqui, che dice con occhi umidi che là si può andare solo sei volte al mese, che dice ai bambini piccoli che “papà è in ospedale”, che dice che sono in sette in cella, invece che in quattro, e che “o ti fai la doccia o fai l’ora d’aria” e il resto del tempo lo passi in cella, di nuovo. Questo dice l’amore in via delle Mantellate a Roma, dove si incontra soltanto metà amore. Perché l’altra metà è dentro: recluso, invisibile. Chissà cos’avrà fatto, per essere dentro, ma anche qualcos’altro deve aver fatto, di bello, per avere l’amore che c’è là fuori. Tutto qui. E non è poco.
© Paolo Izzo, radicale
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