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Una breccia fiscale per il nostro “credito” pubblico

12 aprile 2018

barchiesi ici chiesaL’avvocato generale della Corte di giustizia europea Melchior Wathelet ha riaperto una breccia per cui soltanto i Radicali, nel tempo, hanno osato battersi: dal 2006 al 2011, lo Stato italiano ha esentato il Vaticano dal pagamento dell’Ici per gli enti ecclesiastici “non commerciali”, ma questo, sostiene Wathelet, si configura come un aiuto di Stato illegale, che dunque andrebbe recuperato. Si tratta di 4-5 miliardi di euro, cioè davvero poca cosa se si pensa che nelle casse di Oltretevere ogni anno di miliardi “italiani” ne arrivano circa 6, grazie ai Patti Lateranensi del 1929 e al Concordato del 1984. In tal senso basterebbe citare il meccanismo perverso dell’otto per mille, che la nostra Corte dei conti per due anni consecutivi ha giudicato “distorto” e con cui la Conferenza episcopale italiana si aggiudica un miliardo ogni anno. Ma per tornare alle esenzioni – o meglio evasioni – di enti ecclesiastici, commerciali e non, esse non sono diminuite da quando nel 2012 l’Italia è passata dall’Ici all’Imu e, anzi, si sono estese ad altre tasse come Tari, Tasi e in alcuni casi anche Ires. Visto dunque che oltre a un debito pubblico che pare inarrestabile, vantiamo anche qualche piccolo credito, possiamo ben augurarci che la breccia “fiscale” nelle mura sante dell’enclave vaticana si allarghi ancora, se la Corte di giustizia europea confermerà con una sentenza quanto indicato dal suo avvocato generale.

© Paolo Izzo, Radicale
L’immagine scelta è una “vignetta sardonica” di Alessandro Barchiesi

From → Il Manifesto

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